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La memoria si eredita nei geni

Finora la possibilità che l'esperienza, intesa come bagaglio di informazioni che si accumula nel corso dell'esistenza, si trasferisse per via genetica era poco più di una congettura.

La memoria si eredita nei geni

Di: Redazione Sardegna Live


Finora la possibilità che l’esperienza, intesa come bagaglio di informazioni che si accumula nel corso dell’esistenza, si trasferisse per via genetica era poco più di una congettura. Oggi il nuovo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, di Brian G. Dias e Kerry J. Ressler dell’Howard Hughes Medical Institute (Maryland), ha dimostrato che le esperienze vengono tramandate per via biologica alle generazioni successive, con particolare riferimento a quelle traumatiche e paurose.

Mediante la sperimentazione su dei topi si è potuto dimostrare che alle generazioni successive vengono trasmessi non solo il patrimonio genetico ma anche la maturità racchiusa nella memoria. Gli studiosi hanno condizionato dei topi a provare paura mentre odoravano acetofenone (sostanza che ricorda l’aroma di ciliegia) sottoponendo loro ad una piccola scossa elettrica. La progenie di questi topi, fino al secondo grado, ha mostrato una risposta di paura maggiore all’odore di acetofenone rispetto a qualunque altro odore.

L’importante scoperta getta le basi per la comprensione dei meccanismi biologici. I topi, attraverso le cellule riproduttive e senza alcuna prossimità tra ascendenti e discendenti, possono dunque ereditare l’informazione appresa da generazioni precedenti e codificata da modificazioni epigenetiche del DNA in grado di cambiare la struttura neurale, nello specifico nelle regioni che governano l’olfatto. Secondo gli studiosi la scoperta è un importante punto di avvio per comprendere in che modo gli stimoli ambientali possano essere codificati nel genoma e così trasmessi.

Il grande valore scientifico della scoperta affascina non poco, in particolare rispetto al dato di fatto che è l’olfatto a riaprire i cassetti della memoria, come era stato anticipato da Marcel Proust con “Alla ricerca del tempo perduto”. Protagonista della monumentale opera è la memoria che ci dà la possibilità di rivivere momenti passati che associamo a determinate sensazioni: il sapore della madeleine, riassaporato dopo anni, ricorda al protagonista le giornate d'infanzia passate a casa della zia malata a Combray. Rassicurante, infine, la possibilità di poter portare dentro di noi qualcosa di chi ci ha preceduto e che possa essere utile per chi verrà, senza dimenticare che oltre a scienza e razionalità all’interno di noi si dischiude un universo di connessioni, movimenti e profumi che il ragionamento non basta a contenere.                                              

Daniela Angius

 

 

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