Samugheo

"Calpesta la guerra"

A Samugheo, centro del Mandrolisai l'arte tessile radicata nella tradizione manifatturiera e artistica è uno dei tratti più caratteristici e inconfondibili del paese.

Di: Redazione Sardegna Live


A Samugheo, centro del Mandrolisai l’arte tessile radicata nella tradizione manifatturiera e artistica  è uno dei tratti più caratteristici e inconfondibili del paese.

Ed è proprio qui che poco più di un decennio fa nacque il Murats (Museo unico regionale arte tessile sarda), dove sabato 17 alla presenza del Sindaco di Samugheo Antonello Demelas, del Direttore del Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda Baingio Cuccu e del Presidente della Cooper Action Onlus Edoardo Marino è stata inaugurata la mostra “Calpesta la guerra”, realizzata dalla collaborazione tra il Museo MUR ATS, la Banca di Sassari e la Coooper Action Onlus.

Una mostra importante sia per la tematica che per la ricchezza dei manufatti, presentata con orgoglio e non senza commozione dal primo cittadino, il quale ha fortemente voluto che una mostra di questo calibro venisse ospitata nell’unico Museo regionale dell’arte tessile.

“Calpesta la guerra”, come ha ben sottolineato Edoardo Marino, vuole essere un veicolo per sensibilizzare il resto del mondo sulla condizione del popolo Afgano che,  per un motivo o un altro, vive costantemente la guerra; vuole essere un mezzo per far conoscere le situazioni sociali di un popolo che, inconsapevolmente, si riversano anche sul nostro paese. All’interno del Museo sarà possibile osservare e calpestare 65 tappeti di guerra realizzati in Afghanistan dai bambini che hanno subito e subiscono quotidianamente il conflitto. Realizzati a partire dal 1979, a seguito dell’invasione sovietica, fino a quella angloamericana dei giorni nostri, le trame e i nodi dei manufatti diventano strumento di propaganda, di celebrazione, di resistenza, narrano e descrivono la tragicità della guerra vista con gli occhi dei bambini.

In modo doloroso e atroce le immagini della guerra si mescolano alla tradizione artistica afgana, in cui nuovi simboli incontrano colori e emblemi folcloristici tipici dell’Afghanistan diventando manifesti per il proselitismo, iconografie celebrative, ostentazioni di potenza e, per i soldati stranieri, oggetti preziosi o souvenir di guerra.

Secondo Baingio Cuccu la mostra, oltre a voler denunciare socialmente lo stato in cui si trovano paesi come l’Afghanistan, si presta ad una chiave di lettura più antropologica, in cui l’accento viene posto sul ruolo che la tessitura ha avuto nella storia dei popoli che l’hanno praticata o la praticano ancora oggi. Mentre all’inizio della civiltà il tappeto,  nonostante fosse l’oggetto di maggior valore dell’ambiente abitato,  veniva realizzato con semplici tessiture ed era solamente funzionale all’uso quotidiano, nel corso dei secoli, invece, essendosi la tessitura evoluta,  ha reso il tappeto un mezzo figurativo per esprimere e trasmettere concetti sociali e culturali, in cui i nodi e le trame si arricchivano di simbologie che focalizzavano l’attenzione sulle comunità che li realizzavano.

La tessitura, infatti, esprime ancora oggi una forza vitale e creativa sulla quale vengono veicolate nuove consapevolezze che rimandano a rivendicazioni di genere, di classe ed etniche, come anche a processi di patrimonializzazione e identità.

Non a caso, come ben evidenzia il direttore del museo, seguendo questa lettura antropologica  nella mostra “Calpesta la guerra” è stato creato un filo conduttore tra i Tappeti di Guerra  e i rari “Tapinu e mortu” di Orgosolo della collezione del Murats, in cui sembra le trame e i nodi si mimetizzino insieme. 

Attraverso “Calpesta la guerra”  si vuole svolgere un’attività di sensibilizzazione, il cui obiettivo è quello di sviluppare l’educazione e la cultura della pace mondiale, che vuole allegoricamente dare voce alla pace, affinché i popoli devastati dalla guerra possano riacquistare la propria dignità e ridare valore alle proprie tradizioni.

Fino al 17 gennaio sarà possibile calpestare metaforicamente  la guerra al museo Murats di Samugheo, svestirci dei nostri pann

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