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Le canne della discordia

Da più parti, montano le polemiche sulle intenzioni del governo Renzi di “sponsorizzare” l'apertura nel Sulcis di sterminati cantieri di coltivazione di canne, nella prospettiva di produrre biocarburanti per effetto di processi chimici complessi e neppure tanto economici.

Le canne della discordia

Di: Redazione Sardegna Live


Da più parti, montano le polemiche sulle intenzioni del governo Renzi di “sponsorizzare” l’apertura nel Sulcis  di sterminati cantieri di coltivazione di canne, nella prospettiva di produrre biocarburanti per effetto di processi chimici complessi e neppure tanto economici.

Sull’argomento, qualche giorno fa hanno dedicato ampio spazio il direttore de “L’UNIONE SARDA”, Antony Muroni, e il deputato sardo Mauro Pili.

Entrambi sono esaustivi nelle loro analisi, ovviamente partendo da basi di trattazione differenti. Il risultato, però,  non cambia: il governo nazionale non può decidere sulla pelle dei sardi, violando ogni regola, costituzionalmente tutelata,  dell’autonomia della Regione Sardegna.

L’intervento di Pili sulla materia è fondato sull’ironia. Il parlamentare si “congratula” con il  ministro delle attività culturali Dario Franceschini, a proposito di un possibile quanto miracoloso intervento per la Sardegna: 5.000 ettari da destinare alla coltivazione delle canne. Finalmente, “tutto il popolo sardo suonerà le launeddas”, dice Pili, ironizzando su un’idea/intenzione fuori dal mondo, ma soprattutto estranea alla volontà del padrone di casa.

Ora, c’è da dire che l’accostamento delle canne in parola alle launeddas ci sta, eccome. In fondo, Franceschini è ministro della cultura! Che bravo, launeddas uguale tradizione/cultura, il governo è magnanimo con la Sardegna. Insomma, con l’arma, affilatissima, del sarcasmo il risultato è stato raggiunto. Detto in chiaro: i “tromboni” del governo sono stati serviti!

Manca, però,  soltanto un particolare, per completare il quadro. E sì, perché pure le launeddas, chiamate in causa per un buon fine, vorrebbero dire la loro. Hanno anch’esse le loro pretese, ci mancherebbe! Ebbene, altro che canne che da “sfruttare”, quelle che si vorrebbero impiantare nel Sulcis, per le launeddas. L’antico strumento pretende un’alta qualità del materiale, che non si trova dappertutto, con cui si lo si vuole costruire. Insomma, non mischiamo la lana con la seta, direbbero le stesse launeddas!

Nella sostanza, ci può stare il ricorso alla metafora, efficacissima, fatta da  Mauro Pili per irridere a un’ intenzione governativa di invasione impropria di arundo donax nei nostri campi. Resta, però, l’esigenza  più che legittima di precisare che dalla piantagione pensata nei palazzi romani prenderebbero le distanze anche le launeddas!   

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