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Delitto a Iglesias. Giovanni Murru dopo l'omicidio della ex moglio: “L'ho uccisa, stava allontanando da me le bambine"

Una folle gelosia ma soprattutto la paura di vedersi allontanare le tre figlie di 4, 6 e 9 anni. Questo il movente che secondo gli inquirenti ha armato la mano di Giovanni Murru, noto Gianni, 46 anni di Iglesias, da giovedì sera rinchiuso nel carcere di Cagliari-Uta per aver ucciso con dieci coltellate la giovane moglie, Federica Madau, di 32 anni, che da quell'uomo violento si era separata nel dicembre scorso.

Delitto a Iglesias. Giovanni Murru dopo l'omicidio della ex moglio: “L'ho uccisa, stava allontanando da me le bambine

Di: Redazione Sardegna Live


Una folle gelosia ma soprattutto la paura di vedersi allontanare le tre figlie di 4, 6 e 9 anni. Questo il movente che secondo gli inquirenti ha armato la mano di Giovanni Murru, noto Gianni, 46 anni di Iglesias, da giovedì sera rinchiuso nel carcere di Cagliari-Uta per aver ucciso con dieci coltellate la giovane moglie, Federica Madau, di 32 anni, che da quell'uomo violento si era separata nel dicembre scorso.

L'uomo è stato arrestato dalla Polizia poco dopo il fatto con l'accusa di omicidio: davanti agli agenti e al magistrato di turno ha subito confessato: "L'ho uccisa, stava allontanando da me le bambine".

Un omicidio annunciato: a dicembre la coppia aveva litigato violentemente, tanto da far intervenire i carabinieri. Quella terribile lite, innescata dalla pazza gelosia dell'uomo che accusava la moglie di tradimento, era sfociata in una denuncia per percosse, nella separazione e nell' accordo legale sulle figlie: dalle 15.30 alle 19.30 affidate al padre, il resto delle ore alla donna.

Una decisione che sembrava aver tranquillizzato gli animi. Gianni Murru, invece, avrebbe continuato a covare rancore nei confronti di quella che stava per diventare la sua ex. Negli ultimi giorni, secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Squadra mobile di Cagliari, coordinati dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini, e dagli uomini del commissariato di Iglesias, guidato da Fabrizio Figliola, il 46enne avvertiva un certo distacco dalle figlie, si sentiva allontanato da loro e di questo accusava la moglie. Forse pensava di perderle una volta terminate le pratiche della separazione, un pensiero che giovedì sera ha armato la sua mano.

"Un omicidio premeditato", dicono gli investigatori. Intorno alle 19.30, l'uomo telefona a Federica per dirle di passare a prendere le bambine. La donna abita da due mesi a casa dei genitori, a poche centinaia di metri dall'abitazione del marito.

Mentre Federica si incammina, Murru chiude in casa le bambine e l'aspetta. Il delitto si consuma in pochi istanti.

Alle 20.20 la donna suona il campanello, Gianni apre e sotto gli occhi di due testimoni afferra la moglie alle spalle, la prende per i capelli e la trascina all'interno, chiudendo il portoncino. La spinge sulle scale, prende il coltello tipo 'Rambo' che teneva sulla lavatrice nel sottoscala insieme ad altri oggetti, e si avventa su di lei.

La colpisce dieci volte al collo, come confermerà l'autopsia, quasi sgozzandola. Una ferocia inaudita, tanto che rompe il manico del grosso arnese dotato di lama seghettata. I passanti sentono le urla e chiamano il 112. Il caso passa alla Polizia.

Quando gli agenti arrivano in via San Salvatore, Murru apre il portone, lascia cadere il coltello e si consegna: "L'ho uccisa". Sul posto arrivano il pm di Cagliari Danilo Tronci, che coordina le indagini, il medico legale Roberto Demontis, la scientifica e gli investigatori della Squadra mobile.

Il 46enne viene portato in Commissariato e anche davanti al magistrato confessa: "L'ho uccisa, ma sulla dinamica non ricordo nulla".

Un vuoto colmato dalle testimonianze e dagli accertamenti degli investigatori. Adesso l'uomo si trova in carcere a Uta.

Le bambine sono state ricoverate in ospedale: con buona probabilità saranno affidate ai parenti.

Il vescovo di Iglesias si interroga. "La cruda realtà di questa violenza familiare deve diventare occasione di riflessione e di verifica per la nostra responsabilità come persone e come Chiesa", dice mons. Giovanni Paolo Zedda. 

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